Capo III. Dei giudizi disciplinari
Art. 43.
Il consiglio dell’ordine è chiamato a reprimere, d’ufficio o su ricorso delle parti, ovvero su richiesta del pubblico ministero, gli abusi e le mancanze che gli iscritti abbiano commesso nell’esercizio della loro professione. Art. 44.
Il presidente assumendo le informazioni che stimerà opportune, verifica i fatti che formano oggetto dell’imputazione. Udito l’incolpato, su rapporto del presidente, il consiglio decide se vi sia motivo a giudizio disciplinare.
In caso affermativo, il presidente nomina il relatore, e, a mezzo di ufficiale giudiziario, fa citare l’incolpato a comparire dinanzi al consiglio dell’ordine, in un termine non minore di giorni quindici per essere sentito e per presentare eventualmente documenti a suo discarico.
Nel giorno indicato ha luogo la discussione, in seguito alla quale, uditi il relatore e l’incolpato, il consiglio prende le sue deliberazioni.
Ove l’incolpato non si presenti né giustifichi un legittimo impedimento, si procederà in sua assenza.
Art. 45.
Le pene disciplinari, che il consiglio può pronunciare contro gli iscritti nell’albo, sono:
1° l’avvertimento;
2° la censura;
3° la sospensione dall’esercizio della professione per un tempo non maggiore di sei mesi;
4° la cancellazione dall’albo.
L’avvertimento consiste nel rimostrare al colpevole le mancanze commesse e nell’esortarlo a non ricadervi.
Esso è dato con lettera del presidente per delega del consiglio.
La censura è una dichiarazione formale delle mancanze commesse e del biasimo incorso.
La censura, la sospensione e la cancellazione dall’albo sono notificate al colpevole per mezzo di ufficiale giudiziario.
Art. 46.
Nel caso di condanna alla reclusione o alla detenzione, il consiglio, a seconda delle circostanze, può eseguire la cancellazione dall’albo o pronunciare la sospensione; quest’ultima ha sempre luogo ove sia stato rilasciato mandato di cattura e fino alla sua revoca.
Qualora si tratti di condanna che impedirebbe la iscrizione nell’albo giusta l’art. 7 del presente regolamento in relazione all’art. 28, parte prima, della legge 8 giugno 1874, n. 1938, è sempre ordinata la cancellazione dall’albo, a norma del precedente art. 20.
Art. 47.
Chi sia stato cancellato dall’albo, in seguito a giudizio disciplinare, può esservi di nuovo iscritto a sua domanda:
a) nel caso preveduto dall’art. 46, quando abbia ottenuta la riabilitazione giusta le norme del codice di procedura penale;
b) negli altri casi, quando siano decorsi due anni dalla cancellazione dall’albo.
La domanda deve essere corredata dalle prove giustificative ed, ove non sia accolta, l’interessato può ricorrere in conformità degli articoli 10, 13 e 16 del presente regolamento.
Art. 48.
Le deliberazioni del consiglio in materia disciplinare possono essere impugnate dall’incolpato innanzi all’assemblea generale nel termine di giorni quindici dall’avvenuta notificazione.
Possono inoltre essere impugnate innanzi alla stessa assemblea generale dal procuratore del Re nel termine di giorni dieci dalla comunicazione ufficiale che gliene è fatta dal segretario del consiglio dell’ordine entro cinque giorni.
Contro le deliberazioni dell’assemblea generale è dato ricorso alla commissione centrale sia all’interessato che al procuratore del Re, in conformità degli articoli 13 e 16 del presente regolamento.
Art. 49.
L’incolpato, che sia membro del consiglio dell’ordine, è soggetto alla giurisdizione disciplinare del consiglio dell’ordine viciniore, da determinarsi, in caso di contestazione, dal primo presidente della corte di appello.
Le impugnative contro le deliberazioni del detto consiglio sono presentate all’assemblea generale dell’ordine cui appartiene lo stesso consiglio.
Contro la deliberazione del consiglio è ammesso ricorso alla commissione centrale in conformità degli articoli 13 e 16 del presente regolamento.
Art. 50.
Il rifiuto del pagamento del contributo di cui all’art. 37 ed, eventualmente, all’art. 18, dà luogo a giudizio disciplinare.