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Idee per due colossi a Milano: la stazione Centrale e lo stadio di S. Siro

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fotografia a colori di uno spazio urbano nella zona della Stazione Centrale a Milano (fonte: Elisabetta Lupo)All’interno di un panorama architettonico ormai sterile e rivolto alla riproposizione di tematiche già abbondantemente svolte, si colloca il gruppo di Multiplicity. Volti alla ricerca, all’insegna della sperimentazione, partono dall’analisi del territorio contemporaneo per leggerlo sotto una nuova ottica. Ciò consente di porsi nei confronti dello spazio fisico in maniera inusuale: si parte dalle sue trasformazioni, perché sono il sensore delle problematiche sociali, urbane, culturali della società europea ed italiana.

Le ricerche sulle intime relazioni tra spazio e società hanno portato a capire che non esiste un corrispettivo progetto architettonico come risposta a tali problematiche, e che solitamente la soluzione è data da una spontanea autorganizzazione. Questo “modello insediativo” ha mutato notevolmente il canonico processo di analisi del territorio e la sua progettazione, spostando l’attenzione sui comportamenti di chi usa lo spazio o di chi lo percorre solamente lasciandovi delle tracce labili della sua presenza e dell’uso ambiguo che ne fa.

fotografia a colori dell'interno della Stazione Centrale a Milano (fonte: Elisabetta Lupo)Per poter vedere tali segni, abbiamo bisogno di uno sguardo particolare, rigoroso ma aperto alla sperimentazione, agile e ambiguo ma che sappia porre le basi per una ricerca scientifica. Abbiamo bisogno di uno sguardo che sappia cogliere i nuovi modi di vita contemporanei, che riesca a soffermarsi su quei piccoli indizi che non hanno ancora lasciato nello spazio dei segni forti e permanenti proprio per la loro natura temporanea e soprattutto mutevole. Comportamenti sociali che prendono configurazione solo in funzione di determinate occasioni, trasformando radicalmente i luoghi che li ospitano. Sono degli spazi anonimi, residuali, cuscinetto, che ospitano a cadenze regolari spaccati di vita collettiva (alcuni esempi sono i parcheggi che di notte diventano luoghi in cui i giovani si ritrovano prima di andare in discoteca, oppure le banchine stradali che periodicamente ospitano i “Minonzio” i bar ambulanti notturni).

Questo insieme di ricerche, che procede ormai da una decina di anni, trovano nella nostra contemporaneità la necessità di dare risposte di carattere architettonico a tematiche sociali di difficile controllo.

fotografia a colori del grattacielo Pirelli a Milano (fonte: Elisabetta Lupo)Spazi di risulta, problematiche sociali, la vita dell’oggi con i suoi ritmi antropotizzati, la città vissuta non più come un luogo in cui vivere, ma come una metropoli di cui non conosciamo più le forme e il suo linguaggio. E’ dentro questi presupposti che il workshop, organizzato da Multiplicity all’interno della Triennale di Architettura di Milano (nei giorni 19.20.21 febbraio 2002) si inserisce. Un gruppo di laureandi, di diverse facoltà italiane, si è confrontato con un territorio ostile, caratterizzato dalla presenza di due colossi: la stazione Centrale con il suo retro, e lo stadio di S. Siro. Oggetti che dichiarano apertamente la loro funzione ma che chiamano usi e popolazioni che li occupano in maniera differente alla loro natura. Entrambi appaiono come due grandi spazi in mutazione dove luoghi non codificati, da progetti architettonici, vengono regolarmente vissuti. Quello che si sta verificando è una sorta di spontanea appropriazione di quei luoghi cittadini che si collocano tangenzialmente rispetto alle vie di intenso traffico, ma che proprio per questo garantiscono una certa intimità. Spazi facilmente accessibili ma in un certo qual modo indifferenti alla rete principale dei collegamenti.

fotografia a colori dello Stadio di S.Siro a Milano (fonte: Elisabetta Lupo)Queste caratteristiche intrinseche fanno si che questi due colossi, percepiti come dei sottoinsiemi individuali all’interno dei flussi e della visione spaziale della città, diventino dei nuovi elementi architettonici capaci con la loro sola presenza di disegnare un nuovo scenario urbano. Gli spazi limitrofi alla stazione e allo stadio ci appaiono come l’espressione fisica di una struttura a compartimenti che si caratterizza grazie all’uso eterogeneo che gli stessi ospitano.

I vari interventi proposti (Progetto Grandi Stazioni, Massimo Moretti direttore generale dell’Inter, Milly Moratti e il gruppo Verde S. Siro) hanno dato la possibilità di porre l’attenzione su questo uso molteplice degli spazi, enfatizzando il concetto che solo «nell’arcipelago sociale c’è la soluzione» come pragmaticamente ha sottolineato Aldo Bonomi.

Il popolo degli extracomunitari e dei senza tetto che ha colonizzato la stazione ed i suoi dintorni è la chiara immagine di un mutamento radicale all’interno del sistema stazione che non può essere “debellato” con la bonifica della zona. Ma è proprio da questa condizione di stallo che bisogna partire. Ugualmente il vuoto che circonda S. Siro è uno spazio cangiante, mutevole che si anima solamente in corrispondenza delle fotografia a colori dello Stadio di S.Siro a Milano (fonte: Elisabetta Lupo)In quelle occasioni una nuova popolazione colonizzza lo spazio antistante lo stadio, trasformando un mero piazzale desolato in una nuova Babilonia.
Tutto questo può e deve diventare un paradigma: avventurarsi in questi luoghi non significa “perdersi” all’interno di una labirintica metropoli, ma volerne affrontare l’intrinseca complessità decifrandone i molteplici linguaggi.

L'articolo è stato cortesemente messo a disposizione da channelbeta.net
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Steven Holl in mostra alla Basilica Palladiana

autore: Elisabetta Lupo
pubblicato il : 9-4-2002
miniatura della fotografia a colori del grattacielo Pirelli a Milano (fonte: Elisabetta Lupo) All’interno di un panorama architettonico ormai sterile e rivolto alla riproposizione di tematiche già abbondantemente svolte, si colloca il gruppo di Multiplicity. Volti alla ricerca, all’insegna della sperimentazione, partono dall’analisi del territorio contemporaneo per leggerlo sotto una nuova ottica.

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