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Per molto tempo su questo assunto teorico si è costruita tutta la riflessione intorno al tema del paesaggio. Su questo argomento si sono di volta in volta interrogati pensatori che alla teoria del paesaggio hanno dedicato studi significativi: da Simmel a Spengler, da Heidegger a Junger, da Benjamin a Sternberger. Entro quell'orizzonte di analisi e di ricerche si è cercato di definire il possibile rapporto tra modernità e paesaggio che sarà poi il preludio all'individuazione del nesso tra arte e grande città che la cultura estetica del Novecento ha assunto come uno dei suoi motivi dominanti. Per l'uomo propriamente moderno non è semplicemente la natura l'oggetto del paesaggio, ma è la natura come oggetto a distanza. ![]() La possibilità di guardare e ammirare un paesaggio si ha in virtù di uno spazio che si frappone tra lui e la natura e che è il frutto di una lacerazione rispetto al sentimento unitario della natura universale. Una lacerazione che coinciderà con il tramonto del mito e con il sorgere del mondo moderno caratterizzato dal senso dell'individualità. Il paesaggio si produce e si origina nel momento stesso in cui le cose, gli oggetti, le forme acquistano un profilo, vengono cioè individualizzate. Perché vi sia paesaggio interiore ed esteriore è necessario che io colga, estragga o astragga da questo tessuto omogeneo alcuni elementi e li consideri privilegiati rispetto ad altri. Il che significa che questi elementi vengono individualizzati così come viene individualizzato l'io osservante. Successivamente Ortega y Gasset negli anni trenta scriverà i suoi testi un po' apocalittici, un po' profetici sul fenomeno del pieno, dell'agglomerato, della densità. Gli empiristi immaginavano il sapere come unicamente modellato dall'esperienza. Pensavano che il mondo esterno inscrivesse le sue regolarità sulla tabula rasa della mente.Contro l'empirismo, Kant aveva accordato un posto preponderante alle strutture trascendentali del soggetto conoscente. Secondo il filosofo, l'esperienza stessa è organizzata dalle categorie del soggetto. Per qualificare la rivoluzione che egli pensava di aver compiuto nella filosofia, Kant la paragonava alla rivoluzione copernicana: era ormai intorno al soggetto che girava il problema della conoscenza. Ridefinire oggi i limiti del tema del paesaggio significa accettare la crisi della distanza rivedendo la distribuzione dei ruoli tra soggetti ed oggetti. La psicologia contemporanea e la neurobiologia hanno certamente confermato che il sistema cognitivo umano non è una tabula rasa. La sua struttura e i suoi differenti moduli specializzati organizzano in modo stringente le nostre percezioni, la nostra memoria e il nostro ragionamento. Ma noi articoliamo agli apparati specializzati del nostro sistema nervoso esperienze, dispositivi di rappresentazione e di trattamento dell'informazione esterni. Fin dalla nascita, il piccolo uomo pensante si costituisce per mezzo di lingue, macchine, di sistemi di rappresentazione e di oggetti che strutturano profondamente la sua esperienza. Ma l'intelligenza e la cognizione sono anche l'effetto di un collettivo più ampio, sono l'effetto di reti complesse in cui interagiscono un gran numero di attori umani, biologici, tecnici e oggettuali. Non sono "io"che sono intelligente, ma "io" con il gruppo umano di cui sono membro, con la mia lingua, con i miei oggetti e la loro storia, con tutta un'eredità di metodi e di tecnologie intellettuali. In Statues, Michel Serres, mostra come, con la mummia, il cadavere e le ossa l'oggetto nasca dal soggetto, e come, inversamente il soggetto collettivo si fondi sulle cose e si mescoli con esse. Annunciando un rinnovamento della filosofia della natura, Prigogine e Stengers hanno cercato di mostrare che non esiste una separazione assoluta tra universo fisico inerte, sottoposto a leggi e il mondo eterogeneo del vivente. Le nozioni di singolarità, evento, interpretazione e storia sono al centro degli ultimi sviluppi delle scienze fisiche. La scienza classica escludeva la storia e il significato dall'universo fisico per attribuirlo unicamente al vivente, ovvero al soggetto umano. Infine Bruno Latour e la nuova scuola di antropologia delle scienze precisa come l'essere conoscente è una rete complessa in cui i nodi biologici sono ridefiniti e allacciati da nodi tecnici, semiotici, istituzionali e culturali. La distinzione netta tra un mondo inerte e soggetti è così abolita. Il pensare è un divenire collettivo in cui si mescolano uomini e cose e dove gli artefatti giocano la loro parte nei collettivi pensanti. Il presente testo è parte integrante del catalogo della mostra "IL PAESAGGIO E IL SUO MITO" che si è tenuta a Villa Vecelli Cavriani, Mozzecane, Verona dal 1 Giugno al 15 Luglio 2002. |
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