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Industrious Designers 2002Gli ebrei hanno abitato il tempo Un anno fa la Fiera di Verona – Abitare il Tempo ha ospitato la prima mostra collettiva di design israeliano "Industrious Designers". Industria e non industriaDa un lato l'alto livello di sviluppo dell'industria della plastica e dell'high-tech ha contribuito a creare una formazione di alta qualità. Dall'altro la carenza dell'industria del mobile "design oriented" spinge i designer che si vogliano addentrare in questo settore verso percorsi individuali tramite gallerie (tra queste emerge "Periscope" di Tel Aviv) che ospitano e diffondono opere e prodotti in piccola serie o "one-off". Paradossalmente questa mancanza di richiesta di design da parte dell'industria del mobile stimola una creatività libera da vincoli e limiti dettati solitamente dal settore produttivo. In questo terreno vuoto spazia coraggiosamente l'inventiva e la creatività del design israeliano che si situa tuttora in una dimensione pre-industriale, in una fase evolutiva caratterizzata da una certa ottimistica naïveté. Per questa ragione, nella edizione 2001 di questa collettiva, erano presenti alcuni esponenti del design israeliano come Raviv Lifshitz operanti nel settore del ready-made, che richiamano alla mente la realtà italiana degli anni '60, si vedano ad esempio gli sgabelli dei fratelli Castiglioni. Quest'anno rappresentano questa tendenza alcuni designer come Doron Sar Shalom con le sue lampade "ready made", o lo sgabello di Eran Lederman dove si riutilizza una cerniera usa e getta per finire con il ready made "naturalistico" di Ezri Tarazi che si serve di un cocomero per creare un supporto per composizioni floreali. Design preindustriale dunque, all'interno di un panorama altamente evoluto per quanto riguarda in genere il settore della ricerca tecnologica avanzata e dell'industria high-tech d'avanguardia. è in questo paese che nascono prodotti altamente specializzati per il settore informatico e delle telecomunicazioni; qui ditte come Motorola, IBM, Intel ed altre hanno i loro centri principali di ricerca e sviluppo. Millenarismo ed assenza di tradizioneDa un lato la cultura ebraica è una tra le più antiche e che hanno maggiormente influenzato lo sviluppo del pensiero occidentale, dall'altro Israele è uno stato giovanissimo dove la crescita dell'identità è ancora in fase iniziale. Questo contrasto è meno vissuto e meglio risolto in altri ambiti artistici, ad esempio nella letteratura dove esiste comunque una continuità storica con la scrittura ovvero con il testo scritto (La Bibbia) mentre l'assenza di un luogo proprio ed il divieto di raffigurare con disegni o sculture imposto dal secondo comandamento non hanno favorito la creazione di una cultura estetica dell'oggetto, dell'arredamento. Quello ebraico è un popolo che ha abitato il tempo più che lo spazio e che si ritrova a vivere nell' assenza di una tradizione estetica propria, diversamente da ciò che si può rilevare in Europa o in Giappone. Lacuna che forse può rivelarsi vantaggiosa, poiché mentre in Europa la tradizione estetica può a volte essere un fardello all'immaginazione, in Israele la mancanza di una simile tradizione svincola da ogni appartenenza e continuità e crea uno spazio vergine con strade aperte per la sperimentazione. Un esempio interessante rispetto a questa visione in cui si crede che non ci siano limiti sono le borse di Inbar Spector e di Kobi Levy due designer che, pur non conoscendosi, hanno ideato entrambi delle borse che si indossano a livello di fondoschiena. Un altro esempio di come voltar le spalle all'antica tradizione di produrre calzature, curvando la pelle della tomaia, sono le scarpe di Shelly Satat ed Elon Kombor che hanno scelto di produrre scarpe lavorando con fogli di pellami piatti non curvati. Questa variante tecnica conduce sicuramente ad una nuova estetica dell'accessorio. Tanto design in tanto poco spazioIsraele è un paese con frontiere instabili e variabili, più piccolo della Toscana. Ciò nonostante la quantità di designer e di scuole di design è vastissima. La capillarità e la vivacità di questo fenomeno non ha eguali in nessun altro paese al mondo. Nel raggio di cinquanta chilometri esistono circa dieci scuole di design a numero chiuso. Per chi capita in Israele nel mese di Luglio l'offerta di mostre di fine anno delle varie scuole come "Bezalel Academy of Art & Design", "Holon Academic Institute of Technology", "Shenkar School of Engineering and Design" ed altre è altissima, impossibile quasi visitarle tutte. Questi eventi richiamano l'attenzione della stampa, hanno una copertura dei media molto ampia e contribuiscono a creare un'atmosfera di diffusione del design o dei designer superiore a quella dei venditori di falafel…il tradizionale take away locale. Un anno fa il noto critico e autore di pubblicazioni sul design Mel Byars visitando la Fiera di Verona "Abitare il Tempo" è stato colpito particolarmente dalla collettiva di design israeliano. In seguito ha visitato Israele per incontrare i vari autori dei progetti ed assistere ad altri eventi di design. In una intervista rilasciata al quotidiano "Haharez" nel febbraio 2002 ha dichiarato: "Il segreto più nascosto nel mondo del design contemporaneo è il design israeliano". Quando i tempi diventano duri i designer diventano umoristiciUn anno fa la mostra si apriva ad un mese esatto dal tragico 11 settembre, in piena seconda intifada. La stampa riportava la sorpresa dei visitatori che si affacciavano al padiglione del design israeliano aspettandosi un certo clima di tensione e venivano accolti da proposte ironiche, coraggiose ed ottimiste nonostante la situazione politica locale e mondiale. Da quella data i fatti non sono migliorati, in Israele il numero delle vittime civili degli attentati terroristici, è salito a circa seicento. Non è un segreto il fatto che il morale della popolazione non sia alle stelle, tuttavia è incoraggiante constatare che lo spirito umoristico che caratterizzava fino ad oggi il design israeliano non si è spento. Anche quest'anno molti lavori strizzano l'occhio al pubblico, come le posate per l'insalata di Hagai Harduff, "Weight chair" la sedia–bilancia di Tami Pampanel, e persino il lavoro di Arik Grinberg che propone una sedia di plastica da montare da soli come si usava montare gli aeroplanini di plastica giocattolo negli anni '70 e '80. Un design che ha l'obiettivo di divertire la compagnia, il gruppo, gli amici, il pubblico secondo un archetipo dell'israeliano classico, che ama colpire l'attenzione con l'ironia, con la battuta umoristica e che è anche un po' sfrontato (huzpan). Un filo sottile ricollega questo stile a quello dell'antenato della diaspora che si rifugiava nell'umorismo nei momenti più duri, quelli dei pogrom, delle persecuzioni. La scelta della visione positiva della vita anche nei giorni più duri è una scelta esistenziale nella storia di questo popolo, l'umorismo come arma di sopravvivenza. |
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