Genova, città complessa, fatta di porto, mare e montagne, si estende distesa lungo la linea di costa.
"Amo la città di Genova perché è imprendibile - afferma lo scrittore Maurizio Maggiani. É incorreggibile e non finisce mai. E quelli che la abitano forse non lo sanno, perché è anche più grande delle ragioni dell'epoca corrente".

Genova si estende in lunghezza, non si riesce ad abbracciarla tutta in un'unica visione se non arrivando con l'aereo che sfiora i tetti dei palazzi da levante a ponente; la città si sviluppa fianco a fianco del suo porto lungo quindici chilometri, ma per molti anni queste due città parallele hanno vissuto vite separate.
Genova ha un rapporto particolare con la visione, in quanto fornisce punti di vista sempre diversi, a quote diverse ma soprattutto perché ha, al suo interno, uno straordinario oggetto, la strada sopraelevata, divenuta nel tempo una macchina che produce immagini, immagini di città differenti, la città industriale, la città portuale, la città storica. Una città che ama farsi guardare dal cielo, dal mare, da terra, dai suoi gangli interni.
L'esperienza dello sguardo, su una città complessa come Genova, rappresenta un unicum nel panorama nazionale e internazionale differente da altri luoghi di mare, vedi Barcellona, Napoli, Marsiglia, Rotterdam. Ciò è dovuto alla sua orografia che oggi, come all'epoca della sua fondazione, ne ha condizionato lo sviluppo; ma quest'aspetto ne costituisce anche la ricchezza.


Tra città e porto, perché è lì che sta la città: tra due mondi, mentali e fisici, che generano uno stato di forte compressione. Una compressione che si restringe e si dilata, dove l'infrastruttura sopraelevata quasi tocca l'infrastruttura-centro storico con un ritmo cadenzato dai giunti di dilatazione, dai pali della luce e dai montanti del guard-rail. Vivere la compressione genovese è percorrere la sopraelevata, spartito di una musica mai uguale, sempre mutevole, ogni automobilista diventa l'interprete dello spartito, ne esalta questa o quella tonalità, dove la luce modella le superfici, i volumi; luce che illumina la città come un palcoscenico di un anfiteatro naturale.
Quando ho deciso di fotografare la città alla fine del 1997, volevo iniziare dal luogo che più di ogni altro mi interessava, il porto, ma attraverso la visione notturna.
Rappresentare la città notturna mi ha sempre affascinato, per le assonanze con certa filmografia di Scorsese, Taxi Driver, dove i protagonisti girano per la città di notte, quando la percezione dei luoghi muta radicalmente, luoghi che di giorno hanno una vita, la notte cambiano funzione e diventano i luoghi degli incontri proibiti, del malaffare; dove la luce condiziona il comportamento delle persone che si muovono nello spazio quasi quanto il fotografo attento nello scegliere la luce appropriata per raccontare la sua esperienza visiva urbana.
Mi interessava scoprire l'atmosfera del porto, i rumori, le luci, le ombre, mi sentivo protetto da quel luogo. Successivamente è cresciuta in me la necessità di non fermarmi a rappresentare solo quella parte di città e così mi sono spostato a fotografare la strada sopraelevata.


Percorrendo la sopraelevata si compie un'esperienza urbana che non ha eguali, per il paesaggio che compone il "quadro", noi decidiamo la velocità dello sguardo, lento o veloce, in una infinità di visioni possibili, verso monte la città, verso mare il porto.
La sopraelevata è una macchina che produce immagini diverse e noi siamo i registi del film che si attraverso lo schermo del parabrezza, dobbiamo scegliere tra visione frontale e laterale, tra il sopra-sopraelevata e il sotto.
Cambia il paesaggio, cambiano gli oggetti, gru, navi, container, transatlantici, barche a vela, silos, cantieri, palazzi, torri, campanili, grattacieli, forti.
Il nastro di asfalto e acciaio disegna un confine etereo che esiste da un punto di vista burocratico ma non è un muro, una muraglia, una porta, è una strada volante che entra nel ventre della città e come in un gioco di vasi comunicanti riemerge dal sottosuolo.
Mi ritornano alla mente le immagini di Metropolis, città fantastica immaginata da Fritz Lang o i disegni della città futurista di Sant'Elia. Il modo di vivere dei genovesi è futurista nella dinamica dello spostamento nello spazio attraverso un intreccio di tubi, sottopassaggi, ascensori, funicolari dove dalla città ti conducono a mondi diversi rispetto al luogo da cui si è partiti.
Il percorso mentale del fotografo che si muove nello spazio a ricercare tracce, segni da mettere "in ordine", ridare un equilibrio al caos, guardare e interpretare un luogo attraverso il mirino della macchina fotografica, una registrazione che viene fissata sulla lastra come segno indelebile di un attimo, di una sensazione che vuole comunicare agli altri.