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pagina stampata il 26-11-2010 [www.buildlab.com] |
La storia sospesa |
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autore: Paolo Marzano [email:
paolo.marzano@inwind.it] pubblicato il : 1-8-2003 |
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Attese, emozioni e quindi esperienze sono le fasi che il 'visibile' ci comunica; a volte involontariamente ed a volte organizzando spazi percettivi di ri-conoscibili. |
Questi elementi scultorei, sono capaci di scambiarsi le parti alternatamente rispondendo a domande o formulandone visivamente altre. Possiamo, quindi con questa premessa, analizzare la facciata.
Come un meccanismo rivelatore o un complesso enigma, dalla cui interpretazione dipende la scoperta della mappa per arrivare ad un prezioso tesoro, la facciata della chiesa di S.Croce, funziona solo in una parte del giorno, svelandoci il suo messaggio nascosto e la sua effettiva drammaticità. Per fare questo si ha bisogno di un piccolo impegno da parte di chi la osserva, proprio per recepire il massimo d'informazione (credetemi si tratta di informazioni più che importanti).
Per la sua lettura abbiamo bisogno di alcuni strumenti (infatti come la letteratura, ha bisogno di strumenti come il linguaggio scritto formato da parole, da concetti e pause, anche per osservare un'architettura abbiamo bisogno di elementi che ci aiuteranno): prima di tutto l'espressività del materiale con cui è costruita, capace di assorbire la luminosità, come di rifletterla grazie ai suoi svariati trattamenti scultorei, poi la luce e la conseguente ombra (propria o portata) proiettata. Immaginiamo per un attimo che la facciata sia una tela gigante, su cui questi due elementi trovano una definizione.
Semplici componenti, ma di immensa potenza espressiva. Per avere il messaggio tramandatoci, serviamoci del tempo, della luce, aspettiamo infatti, che il sole sia allo zenith e che la luce tracci le ombre giuste (fondamentale per questo genere di architettura). Esiste un ordine di lettura che sicuramente è stato rispettato nella costruzione della facciata, per cui l'ornato e l'architettura si è pregevolmente affidata a tale sistema non ancora, secondo me, analizzato e trattato dalla storiografia, come si deve. Noterete per esempio (sembra comune come caratteristica cittadina, ma non per la facciata di una chiesa), che un elemento così comune per Lecce, come il balcone sostenuto da mensoloni, riesca nella sua normalità a diventare una struttura scenografica eccellente. Dividendo le due parti della facciata (in realtà sono tre, ma il balcone ne marca inesorabilmente due) rivela e soprattutto racconta la storia raffigurata. La luce magnifica del sole nella posizione perpendicolare, (specialmente nella stagione estiva) dà la visione giusta dell'opera scultorea e del "brulichio cesellato", la cui fittezza, ne evidenzia, quasi, il rumore. L'ombra proiettata dall'elegante balcone, determina la raffinatezza scultorea e l'alto livello di drammaticità che sfiorano sicuramente l'emozione. Le tredici facce dei mensoloni-telamoni ora, si coprono d'ombra e mostrano la loro grottesca espressione.
E' questo il mondo terrestre, la scena madre del racconto, la facciata diventa per un attimo il palcoscenico verticale, il cui proscenio irrompe nella stretta strada. Inizia, a questo punto, lo spettacolo della trasformazione umana, la "storia sospesa". Come una cascata di lava solidificata, sgorga luminosa, densa e nello stesso tempo angosciante, in quanto l'aggetto del balcone, tentando di prevalere sulla sezione stradale, aumenta l'aberrante prospettiva. L'equilibrio sembra compromesso, la logica costruttiva sembra non esistere; masse fluide prevaricano sulle direzioni note, la verticalità e l'orizzontalità si fondono ed evidenziano, la perdita di riferimenti. E' il narcisismo di una scultura superficialmente incrostata? No! Forse dovremmo indagare nella passionale festosità dionisiaca! Le figure simbolicamente usate per rappresentare le dività pagane, ora, sono lavorate dall'ombra radente che le descrive minuziosamente esplicitandone il ghigno grottesco. E' il momento della trasformazione umana, un passaggio obbligato per arrivare poi in un mondo nuovo, forse alla luce nel tema dell'Esaltazione della Croce che si trova in cima. I capitelli del primo ordine di colonne raffigurano idoli pagani osceni nell'atteggiarsi deplorevoli, se visti come decorazione per una facciata di una chiesa, ma estremamente naturali se visti secondo il significato che ora riassumono, sono forse speranze di fertilità in periodi difficili per una terra tanto generosa.
Poi sirene, leoni, lupi, arpie, sileni, creature anfibie nell'atto di saltare per spiccare il volo in dimensioni legendarie o ghirlande e canestri ricolmi.
I livelli sono chiari e decifrabili, ma esiste un linguaggio nascosto. Non c'è del magico in questo, è tutto tremendamente calcolato per produrre emozione, per descrivere un'atmosfera. Chi pensa che questa facciata rappresenti solo la testimonianza di un periodo storico ben definito e soprattutto del passato, si sbaglia! E' un racconto figurato, una dimensione immaginifica che ironizza sul mondoreale, una sensazione solidificata, la descrizione d'emozioni forti, di visioni uniche che solo una terra con queste caratteristiche climatiche può vantare; con questi colori, esaltati da una luce accecante, con questi suoni che arrivano da strumenti lontani, dedicati a balli o canti propiziatori, oppure con questi odori, penetranti caratteristici di una mediterraneità in trasformazione. Questo è un motivo per cui il termine di "orgiastico", dato al barocco di Lecce, non dà ragione al suo valore. "Orgiastico" risulta banale come termine, oltrechè imperfetto, non aderente ad una complessità che và analizzata e maturata, infatti, risulta equivoca la frase " ... manca una visione dello spazio" che pur autorevoli storici hanno avallato. Lo spazio, in questo caso esiste, esso è prima di tutto, la relazionalità tra quegli elementi che tentano invano di trovare posto per godere della luce, tra i vuoti e i pieni del centro urbano, ma anche quelli di una facciata; ecco perché diventa esaltante sentire la parola "slarghi" invece di "piazze". Siamo in un luogo con regole diverse come dice Brandi: "un fenomeno singolarmente autentico, di radici locali nella cui conformazione e fisionomia, concorrono impulsi e contenuti svariati". Se la geometria diventa il parametro selezionatore per un illusorio controllo del territorio, allora Lecce non rientra, ma se il parametro selezionatore è la relazionalità tra interni ed esterni, la città può essere uno dei maggiori esempi di organicità, evidenziata da percorsi senza privilegi (vedi la difficoltà di vedere le grandi facciate perché manca lo spazio prospicente): "Sembra quasi che non siano state costruite per essere ammirate", mi disse una volta un visitatore.
Nella città prevale il carattere organico di matrice concettualmente medievaleggiante, dove la collettività partecipa a quelle relazioni fondamentali che promuovono un continuum tra paesaggio e comunità, buttando via le chiavi di un ambiente cittadino a tenuta stagna, lasciando entrare (o uscire!?) lo spazio vitale che fisiologicamente rifiuta il congelamento dato da prospettive fin troppo calcolate di memoria rianascimentale.
Questa è una delle letture della facciata che abbiamo provato a svelare. Non può, certo, un monumento concentrare la storia di una città, nè individuare le mutazioni generali di un popolo, ma 'osservarlo' cercando di fare propri questi tesori visivi, diventa il nostro dovere.
In questa facciata c'è un po' di tutti noi, delle nostre difficoltà, delle nostre trasformazioni, delle nostre piccole vittorie, praticamente l'interpretazione delle complessità, della grande storia umana. Una storia che diventa facciata, una storia sospesa quindi, che si ripete da tanto tempo e che si ripeterà perché, in essa, è riconoscibile il travaglio, è identificabile la continua mutazione che l'uomo supporta. Geniale lo Zimbalo costruttore che localizza questo 'travaglio' in una parte intermedia, quella nell'ombra, dell'obbligato passaggio e trasformazione. I telamoni dalle facce orrende sono stati condannati dagli uomini a sopportare perennemente il pesante balcone con tutta la parte superiore, essi con definita e scultorea ironia rimangono i giullari dalle forme grottesche, cantastorie che con precisa cadenza nella sonorità generale della città, tramandano fatti ed eventi di una popolazione che ha saputo produrre da quel travaglio, opere di simile fattura per ricordarsi che la mutazione è sempre in atto e così continuerà ad essere.
Ma adesso sta arrivando un altro turista, è uscito dalla stradina e si è trovato così ad un tratto di fronte alla facciata, osserva un'architettura 'legge' visivamente una storia. Non aveva previsto ques'incontro né era stato preparato da spazi d'attesa. Rimane bloccato, alza gli occhi ... con aria attonita l'osserva stupito. Del Barocco, magari, ha sentito parlare poco a livello nozionistico ricorda, ma quell'emozione ha qualcosa di diverso, quella luce, quei segni, quei colori ... adesso e lì, fermo, quasi rapito ... sospeso.
In questo momento ne siamo sicuri, la facciata funziona ancora, stà nuovamente raccontando, in un silenzio e in un tempo tutto suo, la storia di tutti noi!
BIOGRAFIE |
Marzano, Paolo indirizzo web: http://www.buildlab.com/bio/40 Appassionato di Architettura, in particolare dei fenomeni di trasformazione metropolitana e mutazione dei luoghi collettivi, nell'ambito delle nuove tecnologie. |
COLLEGAMENTI |
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