Inizio queste brevi riflessioni sull'edilizia di culto cattolico, o più semplicemente sull'architettura delle chiese cattoliche, da un documento emesso dalla Chiesa Cattolica Italiana il 27 novembre 2002 dal titolo:Iniziative per qualificare la nuova edilizia di culto – 2002
Le diocesi italiane, con molti sacrifici, continuano a costruire chiese nuove, per le popolazioni delle zone periferiche o dei nuovi insediamenti in zone turistiche. La qualità architettonica e artistica delle nuove chiese, tuttavia, non è proporzionato alle attese, spesso è oggetto di critiche.
Per aiutare le diocesi ad elevare la qualità architettonica delle nuove chiese la Conferenza Episcopale Italiana, nel contesto del "progetto culturale", ha deciso di dare vita ogni anno a tre concorsi nazionali a invito per la realizzazione di complessi pilota e di sostenere finanziariamente le diocesi che ricorrono a concorsi per scegliere i progettisti delle nuove chiese.
Per quale motivo la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) sente ancora una volta la necessità, anzi direi l'urgenza di dare una linea chiara e sicura per la realizzazione di nuove chiese?
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Fino a pochi decenni fa le chiese cattoliche avevano pianta approssimativamente a croce o quadrata. Da pochi decenni a questa parte l'architettura religiosa ha invece subìto una vera rivoluzione, a cominciare da quelle chiese a pianta sostanzialmente semicircolare, ove è - ovviamente - prevista la disposizione a semicerchio delle panche e delle sedie per i fedeli attorno all'altare; tale disposizione è accettata dalla liturgia postconciliare perché la finalità della costruzione e dell'arredamento è che "ciascuno possa partecipare con l'atteggiamento, con lo sguardo, con l'ascolto e con lo spirito alle diverse parti della celebrazione" (Nota pastorale della Conferenza Episcopale Italiana del 1993La progettazione di nuove chiese , punto 14).
Ma se fino a questo punto non si crea alcun problema, anzi effettivamente la comunità dei fedeli può sentirsi maggiormente partecipe della funzione, in moltissime chiese contemporanee è stata posta in posizione centrale la "sede" dell'officiante, il sacerdote, dislocando altrove (per esempio in una cappella secondaria, benché visibile, ritenuta adatta alla preghiera e all'adorazione privata) il tabernacolo, contrariamente a secoli e secoli di architettura cattolica che poneva al centro il tempietto in cui viene custodita l'Eucarestia.
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Tale scelta, probabilmente nata anch'essa da un'interpretazione del Concilio Vaticano II che proponeva una nuova immagine del sacerdote, come colui che "presiede l'assemblea", ha generato una serie di critiche: la centralità del sacramento - inteso, dalla comunità che guarda insieme il sacerdote e il tabernacolo – appare sostituita dalla centralità del celebrante.
Il senso di sacralità della funzione religiosa pare così a venire meno, al punto da portare ad affermazioni sconsolate come quelle che aveva espresso padre Davide Maria Turoldo: "No, le chiese moderne non mi persuadono. Tocco con mano la povertà spirituale dei nostri tempi. Di noi, condannati a frequentare chiese sempre meno persuasive: queste nostre attuali chiese che sono spesso dei garage, dove tu a volte ti senti così solo come in nessun altro spazio". E del resto, il gesuita Heinrich Pfeiffer uno dei massimi studiosi ecclesiastici di arte, docente alla Gregoriana, sostiene che "La chiesa non è più il luogo dove si prega, ma dove si fa l'assemblea".
Pertanto appare chiaro a tutti i soggetti interessati che, pur partendo dall'innovazione liturgica e dai caratteri postconciliari dell'idea di "comunità ecclesiale", per l'edificazione di nuove chiese è necessaria una re-interpretazione tipologica e linguistica dell'edificio chiesastico, che si sviluppi grazie a un dialogo continuo tra l'Ufficio Edilizia di culto della Chiesa Cattolica Italiana, gli architetti, la comunità cristiana e i liturgisti qualificati.