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Archphoto.it: forum sul terremoto

miniatura del disegno a colori della mappa d'Italia con la segnalazione delle zone in cui sono avvenuti terremoti (fonte: http://www.geocities.com/CapeCanaveral/Hangar/6203/)
news inserita il
25-11-2002
Tra gli effetti collaterali di un cataclisma, uno dei più potenti è certamente la compressione del tempo. Come per la catastrofe, tutto accade di colpo, coinvolgendo anche quelle riflessioni che si vorrebbero all'opposto ponderate, dotate di un tempo più lento.

In Italia, il difetto di compressione sembra particolarmente forte tra architetti e urbanisti, impegnati a contendersi rapide soluzioni sul come e il dove edificare ciò che è andato distrutto, come si trattasse di un gesto muscolare puramente tecnico. Come se la ricostruzione di un insediamento umano fosse questione di modelli e di investimenti, di tipologie e soluzioni brillanti, invece che l'esito di un lento e per molti aspetti imprevedibile e complicato gioco di interessi, desideri, attese.

Si tratta piuttosto di progettare, insieme alle popolazioni colpite, la nuova identità di una comunità destinata comunque a condividere più spazi; a riconoscersi in più luoghi. Un progetto cherichiede tempo e soprattutto una conoscenza approfondita della storia locale. Proprio quello che di solito manca ai commenti frettolosi del dopo terremoto.

"Le tre anime delle città distrutte- Stefano Boeri tratto da Il sole 24 ore, edizione di Domenica 10 novembre 2002"

Il terremoto di Kobe è stato un drammatico esempio del danno che può essere causato da sismi alle società industrializzate moderne, ma anche delle difficoltà di utilizzare risorse tecniche e politiche necessarie a prevenirli. La tragedia di Kobe ci ha insomma drammaticamente aiutato a comprendere meglio il carattere di incertezza istituzionalizzata nella quale opera la società contemporanea…Le architetture provvisorie per i sopravvissuti, progettate e realizzate da Shigeru Ban utilizzando semplici tubi di cartone assemblati dagli abitanti e usando strutture e casse di birra riempite di sabbia come fondazioni, segnalano come sia possibile organizzare il complesso sistema di costruzione in situazioni d'emergenza in modo decentrato, utilizzando le enormi capacità auto-organizzative della società contemporanea.

"Isozaki: nell'emergenza va bene anche il cartone- John Palmesino tratto da Il Sole 24 ore, edizione di Domenica 10 novembre 2002"

I Regi Lagni Borbonici-come ancora vengono chiamati-sono balzati all'onore della cronaca dopo l'alluvione che , nei giorni del 5 e 6 maggio 1998, ha colpito i comuni di Sarno, Siano, Bracigliano e Quindici. Ormai inserito nel tessuto urbano di recente costruzione, lo spazio vuoto dei Lagni rimane a testimonianza di un grande progetto di natura civile e di ingegnosa conoscenza delle dinamiche del territorio che, iniziato nel 1610, fu continuamente oggetto di attenzione con successive correzioni, diramazioni, ampliamenti e rinnovamenti. Un sistema verso di bacini asciutti (profondi circa 5 metri e ampi anche 2-3 ettari) che, posti sulla naturale traiettoria di deflusso delle acque dalla montagna, funzionavano come camere di decompressione e attenuazione della velocità del flusso d'acquache in condizioni d'mergenza si riversa improvvisamente a valle.

Questi spazi vuoti "fuori scala", che scandiscono il tessuto urbano alle pendici del Vesuvio, testimoniano ancora oggi-quando improvvisamente appaiono tra le villette, le palazzine, gli orti e i capanni abusivi- il segno di una capacità di costruzione del territorio che trasformava i limiti in risorse, l'imprevedibilità degli eventi naturali in conoscenza e patrimonio collettivo da trasmettere e valorizzare, una capacità che andrebbe di nuovo osservata. Come una lezione.

"L'imprevedibilità come risorsa- Giovanni La Varra tratto da Il sole 24 ore, edizione di Domenica 10 novembre 2002"

(fonte: Emanuele Piccardo di www.archphoto.it)

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